Quello di Paolo Pallucco è uno dei grandi nomi dimenticati del design italiano. Inizia la sua attività a Roma negli anni ’70, per poi spostarsi in Veneto nel decennio successivo assieme a Mireille Rivier, sua compagna di lavoro e di vita. Grande intellettuale anticonformista, Pallucco si ritaglia uno spazio autonomo nel panorama di quegli anni, lontano sia dal postmodernismo delle avanguardie coeve come Memphis ed Alchimia che dallo stile neoborghese di brand più commerciali.
Tutti i progetti Pallucco erano segnati da un minimalismo duro e senza compromessi, figlio dell’ispirazione peculiarissima di uno spirito libero senza confini, che porterà Pallucco a importanti collaborazioni extra settore come quella con la stilista Rei Kawakubo ed il fotografo Peter Lindbergh. Fu proprio questa attitudine a rompere gli schemi consolidati che portò Pallucco a diventare uno dei marchi fondatori del Fuorisalone, con i suoi celebri allestimenti agli ex mattatoi di Milano.
Eventi cult di quel periodo sul finire degli anni ’80, contribuì al loro grande successo il clima underground creato dagli allestimenti di Henri Alekan, storico direttore della fotografia di Wim Wenders, e di Peter Pabst, scenografo di Pina Bausch. Per servire al bar dello spazio fu scelto un gruppo di detenuti di San Vittore in permesso speciale. Giunto ormai all’apice della sua fama, Pallucco decide ancora una volta di sparigliare le carte, vendendo l’azienda proprio in una di quelle sere.
Il brand Pallucco continuò dunque la sua strada attraverso l’esplorazione di nuovi linguaggi sotto la direzione artistica dapprima di Hannes Wettestein e poi Jurgen Bey. Nel 2017 viene acquistato da Lino Lando, proprietario di Venetia Studium, storico produttore delle lampade Fortuny. Le lampade Pallucco, nelle versioni da terra, da tavolo, a sospensione e applique, costituiscono oggi il fulcro della produzione dell’azienda, che comprende anche contenitori, tavoli e librerie.