Davide Groppi crea luci fin dagli anni Ottanta, iniziando la sua attività in un piccolo laboratorio nel centro storico di Piacenza. Comincia a diventare noto al grande pubblico nel 1994, quando Maddalena De Padova sceglie le sue lampade per decorare le vetrine dello storico showroom di Corso Venezia a Milano. A quel momento seguirono una serie di affermazioni sempre crescenti, culminate nel 2014 con la vittoria di ben due Compassi d’Oro nello stesso anno, impresa riuscita in passato solo a grandissimi quali Achille Castiglioni e Vico Magistretti.
I prodotti premiati in quell’occasione esemplificano alla perfezione la poetica della luce di Davide Groppi e i poli attraverso cui si muove: la lampada da terra Sampei è un vero e proprio ready made, ispirato alle forme di una canna da pesca, mentre la lampada Nulla è una particolare forma di illuminazione architetturale costituita da un semplice foro nel controsoffitto da cui si proietta nello spazio un fulgore sensuale, in un design che si afferma al massimo nella sua stessa negazione.
La capacità delle luci Davide Groppi di creare ambienti a forte densità emotiva l’ha portato a collaborazioni con chef rinomati e ristoranti stellati, come Massimo Bottura e Massimiliano Alajmo. Da queste esperienze ha tratto ispirazione per la creazione di Tetatet, lampada a batteria spostabile liberamente senza l’impiccio di un filo. Filo che diventa invece protagonista nel suo segno e nelle sue torsioni per la lampada Neuro, che risponde all’esigenza di portare la luce su un tavolo partendo da una presa a terra.
La tensione al minimalismo ritorna in progetti come Infinto, sottilissimo nastro a led teso da parete a parete o nella lampada Moon in carta giapponese, densa di suggestioni orientali. Il catalogo Davide Groppi contiene però anche improvvisi lampi di ironia, come nella lampada a parete Edison’s Nightmare di Harry Thaler, divertito omaggio al padre della lampadina alogena, o nella lampada da esterno Imu di Omar Carraglia, mascherata da casetta per gli uccelli.